sabato 27 marzo 2010

che fretta c'era maledetta primavera

Sempre più difficile tenere il passo e scrivere, tra lavoro e inquietudini. Sono passati un certo numero di film, ma non quanti avrei voluto. Partiamo dall’ultimo, l’ultimo Ozpetek (Le mine vaganti), che dopo essersi lasciato andare a insopportabili drammoni ha fatto un film corretto, molto malinconico sotto la commedia, misurato ed emozionante, con attori che appaiono più belli e più bravi del loro solito (la metà viene dalla fiction).

Ottimo giro di cineforum che ha proposto un Loach meno senile (Il mio amico Eric), indubbiamente consolatorio ma che non tralascia durezze (fino a che punto può essere consolatoria la schizofrenia?).

Ha fatto seguito il decisamente più faticoso Welcome di Philippe Lioret: il suo peggior limite è nella recitazione gommosa di Lindon, all’interno di una storia dalla durezza senza sconti, che ne è invece il maggior pregio.

Giustamente divertente poi, su una struttura da commedia molto classica, il tedesco Soul Kitchen di Fatih Akin, con una menzione speciale ai titoli di coda.

Televisivamente è tempo di attesi ritorni. Riprende Dexter, che alla quarta stagione riesce ancora a trovare spunti fortunati e appassionanti. Riparte anche Flash forward, dopo la bizzarra pausa di tre mesi, e inizia a sciogliere, in modo convincente, alcune delle questioni che si erano un po’ pesantemente accumulate nei primi dieci episodi.

E’ ricominciato anche Boris, che in questa stagione pare insistere di più sulla pretesa qualità televisiva: la tenuta comica c’è, ma inizia ad essere ripetitiva. Ha decisamente deluso, dopo un pilota promettente, Bored to death, mentre invece, sebbene la sit-com non potrà mai essere il mio genere d’elezione, inizia a piacere il recuperato My name is Earl, il cui protagonista dal fascino gonzo si muove in una fotografia che richiama il compianto Malcolm.

Citazione del mese: “Il mondo deve essere abbastanza grande per contenere ogni mio errore”

Colonna sonora: