Lavoro in corso, lavori terminati. Giorni di sole quasi estivo e pioggia torrenziale di ritorno. Una primavera fuori tempo nella testa…
Con il giusto controllo sono andata incontro ad alcune storie di perdita e spaesamento. Al cinema un non molto riuscito film italiano, Tris di donne e abiti nuziali di Vincenzo Terracciano, troppo assorto sul protagonista ed i primi piani per ottenere un buon risultato, ed è un peccato. Fortissimo e coinvolgente invece il quasi documentario Below sea level di Gianfranco Rosi. Il regista ha seguito per cinque anni un gruppo di homeless che vive nel deserto californiano, senza acqua, senza elettricità… Per quasi due ore si percorre il crinale tra la normalità e il fuori, tra dolori covati, desideri non sopiti e faticose prese di coscienza. Il regista era in sala ed ha confermato, nei suoi aneddoti, la forza di alcune riprese. Molto efficace la fotografia.
Addii e perdita anche nel breve romanzo di Philip Roth Everyman. Attraverso un racconto in terza persona che si fa soggettiva emotiva recupera la vita di un uomo qualunque, del suo corpo malato, delle sue passioni, della difficoltà di andare incontro al limite, ed accoglierlo.
Altre volte i limiti sono semplicemente mentali, come suggerisce L’uomo che fissa le capre, elogio postumo a Timothy Leary zeppo di citazioni e metacitazioni, dove gli attori fanno il verso alla propria carriera in un pastiche a metà tra i Cohen e il Gillian di Paura e delirio… divertente, a tratti esilarante, ma senza profondità.
La potenza salvifica del chiudersi in una sala buia è confermata, oltre che dall’estetica dello squallido che pervade il tutt’intorno, anche dagli esiti fallimentari dei noleggi video:
The spirit di Miller è un pendolo che oscilla tra la noia e l’insulso, gridando vendetta al cospetto del dio Eisner. Altrettanto ignobile il moralistico Live! di Bill Guttentag, dove le pur sode rotondità di Eva Mendes appare evidente che non sostengono 96’ di pellicola (e tantomeno le ernie inguinali del pubblico).
Con il giusto controllo sono andata incontro ad alcune storie di perdita e spaesamento. Al cinema un non molto riuscito film italiano, Tris di donne e abiti nuziali di Vincenzo Terracciano, troppo assorto sul protagonista ed i primi piani per ottenere un buon risultato, ed è un peccato. Fortissimo e coinvolgente invece il quasi documentario Below sea level di Gianfranco Rosi. Il regista ha seguito per cinque anni un gruppo di homeless che vive nel deserto californiano, senza acqua, senza elettricità… Per quasi due ore si percorre il crinale tra la normalità e il fuori, tra dolori covati, desideri non sopiti e faticose prese di coscienza. Il regista era in sala ed ha confermato, nei suoi aneddoti, la forza di alcune riprese. Molto efficace la fotografia.
Addii e perdita anche nel breve romanzo di Philip Roth Everyman. Attraverso un racconto in terza persona che si fa soggettiva emotiva recupera la vita di un uomo qualunque, del suo corpo malato, delle sue passioni, della difficoltà di andare incontro al limite, ed accoglierlo.
Altre volte i limiti sono semplicemente mentali, come suggerisce L’uomo che fissa le capre, elogio postumo a Timothy Leary zeppo di citazioni e metacitazioni, dove gli attori fanno il verso alla propria carriera in un pastiche a metà tra i Cohen e il Gillian di Paura e delirio… divertente, a tratti esilarante, ma senza profondità.
La potenza salvifica del chiudersi in una sala buia è confermata, oltre che dall’estetica dello squallido che pervade il tutt’intorno, anche dagli esiti fallimentari dei noleggi video:
The spirit di Miller è un pendolo che oscilla tra la noia e l’insulso, gridando vendetta al cospetto del dio Eisner. Altrettanto ignobile il moralistico Live! di Bill Guttentag, dove le pur sode rotondità di Eva Mendes appare evidente che non sostengono 96’ di pellicola (e tantomeno le ernie inguinali del pubblico).