giovedì 28 gennaio 2010

upgrade (l'inizio dell'anno è iniziato da un pezzo)

Bisognerebbe scrivere e bisognerebbe lavorare. Bisognerebbe impegnarsi, nelle azioni di routine e negli sguardi alle persone che ci stanno intorno, spesso attonite, a volte sofferenti. Bisognerebbe smettere di arrancare ad essere ciò che non si riesce, ciò per cui non si ha la stoffa. Ma bisognerebbe anche darsi tregua, darsi fiato, darsi tempo, darsi cura, ogni tanto…

Folioterapia, rannicchiandosi tra le pagine quando Fuori è troppo altro, troppo grande e minaccioso.
Una donna spezzata di Simone de Beauvoir, ad esempio, per camminare a passi lenti sulla via del tradimento, della narrazione di sé smentita e mortificata, delle proprie certezze messe alla berlina.
Probabilemente lei, con la sua buona educazione e un bel paio di stampelle ideologiche, una via di fuga dalla solitudine la vedeva, alla fine del dolore, una celata possibilità di essere madre o compagna anche oltre clichés… Fatto sta che sono trascorsi più di quarant’anni, che le nostri madri hanno probabilmente perso la partita con gli ideali, con i loro compagni più deboli oggi di ieri…
“Mi sono messa a piangere sulla sua spalla; lui mi accarezzava i capelli.
- Non piangere, non voglio che tu sia infelice. Ti voglio tanto bene.
- Mi hai detto che non mi amavi più da otto anni.
- Ma no. Te l’ho detto, che non era vero. Ti voglio bene, moltissimo.
- Ma non mi ami più d’amore?
- Ci sono tante specie d’amore.
Ci siamo seduti, abbiamo parlato. Io gli parlavo come a Isabelle o a Marie Lambert, con confidenza, con amicizia, con distacco: come se non si fosse trattato di noi, della nostra storia. Era un problema che discutevamo, imparzialmente, gratuitamente, come avevamo discusso di tanti altri. Io mi sono di nuovo stupita del suo silenzio durato per otto anni. Lui mi ha ripetuto:
- Dicevi che saresti morta di dolore…
- Eri tu che me lo facevi dire: l’idea di un’infedeltà sembrava darti una tale angoscia…
- Infatti mi angosciava. E’ per questo che tacevo: perché tutto continuasse come se non ti tradissi… era un fatto magico… e poi, naturalmente, mi vergognavo…”

Quanto a donne in difficoltà c’è stato anche, di passaggio, La passione di Artemisia di Susan Vreeland.
Dopo tante lacrime sono tornata ai classici, ché l’ironia di Sterne mi traesse in salvo (La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo), ricollocando le inezie quotidiane nelle giuste proporzioni di un quadro più ampio e variegato… [ma non è ancora finito].
Battuta d’arresto sulle figure: L’uomo che cammina di Taniguchi è troppo serafico per questi giorni inquieti e forse mi riconosco più facilmente nel Gourmet che indaga sapori, come a riempire un vuoto enorme (nel volumetto economico Repubblica di qualche stagione fa).
E poi, finalmente, è stato pubblicato in Italia (oh, quanto l’avevo atteso!) Chris Ware: Jimmy Corrigan, il ragazzo più in gamba sulla terra non può esser detto, va letto e basta.

Dovendo prima o poi mettere il naso fuori, si può addirittura scoprire un bel film italiano, che non segue necessariamente le soluzioni visive e narrative più scontate: La doppia ora di Giuseppe Capotondi. Delude invece zio Sam con un Mondo dei replicanti un po’ stucchevole, e non convince del tutto la perfida Albione, con una rilettura di Sherlock Holmes un po’ troppo vitaminica, che guarda a Gregory House (a detta di Roberto), ma con buon ritmo e discrete scenografie (digitali).

Colonna sonora dei tradimenti: